1. Provvedimento amministrativo – Vizi di legittimità  – Assenza della causa – Non rileva quale motivo di nullità  del provvedimento


2. Provvedimento amministrativo – Autotutela – Irrilevanza del nomen juris utilizzato dalla p.A.


3. Provvedimento amministrativo – Provvedimento dichiarativo di nullità  con finalità  elusive delle garanzie procedimentali – Illegittimità 


4. Provvedimento amministrativo – Provvedimento dichiarativo di nullità  – Valutazione dell’affidamento del privato – Necessità 


5. Provvedimento amministrativo – Dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà  – Valore probatorio – Esclusione

1. Anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art 21-septies l. n. 241/1990, che codifica in senso innovativo l’istituto della nullità  “strutturale” del provvedimento amministrativo per difetto di elementi essenziali, l’ipotetico difetto della “causa”, che sul piano civilistico è motivo di nullità  del contratto, costituisce una ordinaria ipotesi di annullabilità  del provvedimento amministrativo quale tipico vizio di eccesso di potere.


2. L’auto-qualificazione del provvedimento operata dall’Amministrazione non è vincolante per il Giudice che deve qualificare l’atto indipendentemente dal “nomen iuris” utilizzato dalla p.A. (ex multis TAR, Campania, Napoli, Sez I, 6 febbraio 2006, n.1623).


3. E’ illegittimo il provvedimento dichiarativo della nullità  di un atto amministrativo per difetto di un elemento essenziale qualora la reale causa dello stesso si concretizzi nel tentativo di elusione delle garanzie sostanziali e procedimentali proprie dell’attività  di autotutela con funzione di riesame, ineludibili anche nella materia edilizia in presenza di interventi  seppur formalmente – ma illegittimamente – assentiti (cfr. TAR Puglia, Bari, Sez. III, 14 febbraio 2007, n.443).

4. Il provvedimento dichiarativo della nullità  di un atto amministrativo deve tener debitamente conto degli affidamenti ingenerati e della modifica della realtà  fattuale e giuridica già  prodottasi, in ossequio al generale e fondamentale principio di derivazione comunitaria di tutela dell’affidamento.


5. La dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà  presentata in giudizio dal ricorrente risulta priva di valore probatorio, recando soltanto valore indiziario che può essere idoneo a scalfire l’attività  istruttoria della p.A. in presenza di ulteriori elementi precisi e concordanti.

N. 01862/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00537/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 537 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Antonio De Vita, Maria Cristina Beccia, entrambi rappresentati e difesi dagli avv. Giuseppe Ruta, Carmen Elisa Romano, con domicilio eletto presso Angelo Lanno in Bari, via San Francesco D’Assisi, 15; 

contro
Comune di Casalnuovo Monterotaro (FG) in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Paccione, con domicilio eletto presso Luigi Paccione in Bari, via Q.Sella, 120; 

per l’annullamento
previa sospensiva
1) del provvedimento del 19.01.2010 adottato congiuntamente dal Responsabile del Settore e dal Coordinatore dell’Ufficio Sisma del Comune di Casalnuovo Monterotaro e notificato ai ricorrenti in data 25.01.2010.
2) della nota 20.11.2009 nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale a quelli impugnati ivi inclusi eventuali pareri e/o verbali istruttori di contenuto ed estremi sconosciuti.
Quanto ai motivi aggiunti
1) della determinazione n. 61 del 7.7.2010, adottata dal Settore Tecnico del Comune e notificata ai ricorrenti in data 12.7.2010, nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale a quelli impugnati anche di contenuto ed estremi non conosciuti.
 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Casalnuovo Monterotaro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2011 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori l’avv. Carmen Elisa Romano, per la parte ricorrente; l’avv. Emilio Reboli, su delega dell’avv. Luigi Paccione, per il Comune resistente.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Espongono i coniugi ricorrenti di aver ottenuto autorizzazione edilizia n.13 del 1983 per lavori di manutenzione ordinaria aventi ad oggetto la sostituzione della copertura preesistente di manufatto destinato ad autorimessa e deposito (annesso a fabbricato principale) contraddistinto catastalmente al Fg.20 p.lla 2201 (ex 1417 del foglio 20/A), in conformità  alle norme del P.d.F. pro tempore vigente.
Con istanza del 21 ottobre 2009, i ricorrenti chiedevano al Comune di Casalnuovo Monterotaro permesso di costruire per lavori di riparazione con adeguamento sismico del proprio fabbricato danneggiato dal sisma del 31 ottobre 2002.
Con provvedimento prot 414 del 19 gennaio 2010 adottato congiuntamente dal Responsabile del Settore e dal Coordinatore dell’Ufficio Sisma del Comune di Casalnuovo Monterotaro, veniva respinta la suddetta istanza relativamente alla parte attinente al manufatto pertinenziale sub particella 1417 del foglio 20, poichè insistente su strada di PRG.
Avverso il suesposto atto di rigetto i ricorrenti deducevano articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diverso profilo, chiedendone l’annullamento previa sospensiva.
Alla Camera di Consiglio del 27 maggio 2010 la causa di cui al ricorso introduttivo veniva cancellata dal ruolo.
Con successiva determinazione n.61 del 7 luglio 2010, il Responsabile UTC dichiarava in autotutela la nullità  della citata autorizzazione edilizia n.13/1983, in quanto emessa sul falso presupposto della liceità  del manufatto De Vita – Beccia di cui si autorizzavano illegittimi lavori di ricostruzione della preesistente copertura, non risultando la baracca in questione dall’atto pubblico di compravendita n. 5668 del 10 agosto 1981 nè dalla numerazione civica.
Con motivi aggiunti notificati il 26 ottobre 2010, i ricorrenti impugnavano anche la determinazione 61/2010, chiedendone l’annullamento, deducendo le seguenti doglianze:
– violazione ed errata applicazione art 3 l.241/90, erronea e carente motivazione; difetto di istruttoria, errore di fatto e di diritto; violazione e falsa applicazione art 21-septies e nonies l.241/90;
– violazione ed errata applicazione art 31 d.p.r. 380/200;
– eccesso di potere per illogicità  manifesta e travisamento dei fatti, nonchè per contraddittorietà ;
– violazione principi dell’azione amministrativa ex art 97 Cost. e art 1 l.241/90;
Rilevava la difesa dei ricorrenti la necessità  di qualificare il provvedimento impugnato non già  come nullità  in senso tecnico, priva di riscontri in riferimento sia alla normativa di settore che a quella generale sul procedimento, bensì quale annullamento d’ufficio di atto al più illegittimo, del tutto privo dei criteri e presupposti codificati dall’art 21-nonies l.241/90, tra cui in primis la necessaria comparazione con l’affidamento incolpevole sorto dal rilascio sin dal 1983 del titolo abilitativo edilizio. Parte ricorrente negava altresì la stessa abusività  del manufatto e quindi lo stesso presupposto del ripristino della legalità  ex art 21-nonies, essendo il manufatto in questione in realtà  costruito in epoca antecedente la l. 765/1967.
Si costituiva il Comune di Casalnuovo Monterotaro, chiedendo il rigetto del gravame, poichè l’autorizzazione edilizia 13/1983 riguardando fabbricato totalmente abusivo, deve ritenersi viziata da illiceità  della causa e dell’oggetto, richiamandosi agli art 1326 e 1418 c.c.. Evidenziava inoltre quanto alla prova della costruzione del manufatto principale ante 1967, l’inammissibilità  sotto il profilo probatorio in sede processuale delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà  depositate dai ricorrenti.
Con ordinanza n.936/2010, questa Sezione accoglieva l’istanza cautelare sui motivi aggiunti, dando rilievo alla violazione del principio di affidamento derivante da titolo edilizio conseguito da ben 27 anni.
All’udienza pubblica del 24 novembre 2011 la causa veniva trattenuta per la decisione.
I motivi aggiunti sono fondati e vanno accolti.
Ritiene il Collegio di dover qualificare l’atto impugnato, al di là  del “nomen iuris” non già  in funzione dichiarativa della nullità  del titolo edilizio n.13/1983 bensì quale esercizio del diverso potere di annullamento d’ufficio scolpito dall’art 21-nonies l.241/90.
Innanzitutto, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa comunale, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art 21-septies l.241/90 che pur codifica in senso innovativo l’istituto della nullità  “strutturale” per difetto di elementi essenziali – pur senza individuarli – l’ipotetico difetto della causa che sul piano civilistico è causa di nullità  del negozio, costituisce una ordinaria ipotesi di annullabilità  del provvedimento amministrativo quale tipico vizio di eccesso di potere, per evidente prevalenza dell’aspetto funzionale.
Ragion per cui la nullità  strutturale di cui all’art 21-septies per mancanza di elementi essenziali – essendo tutt’ora nel diritto amministrativo la nullità  forma speciale di invalidità  (Consiglio di Stato sez VI 13 giugno 2007 n.3173, T.A.R. Campania Napoli sez III, 1 marzo 2011, n.1248) – può configurarsi in limitatissimi casi, quali ad esempio l’inesistenza dell’oggetto.
Ciò premesso, anche ammettendosi sul piano teorico la discussa configurabilità  di una autotutela (atipica) avente ad oggetto attività  nulla, con effetto meramente dichiarativo della mancata produzione di effetti giuridici, non sussistono nella fattispecie per cui è causa gli elementi per poter dichiarare la nullità  dell’autorizzazione edilizia rilasciata nel 1983, nè sulla base dell’art 21-septies nè ai sensi della disciplina di settore di cui al d.p.r. 380/2011.
Infatti, l’assenso alla copertura di fabbricato in ipotesi abusivo, fermo restando l’applicazione dell’art 31 d.p.r. 380/2001, costituisce tuttalpiù motivo di annullabilità  del provvedimento, anche nelle forme dell’autotutela con funzione di riesame, con il necessario contemperamento dell’affidamento del privato in ordine alla legittimità  del rilasciato titolo edilizio, affidamento nella fattispecie consolidatosi nel notevole lasso temporale 1983 – 2010.
Ne consegue che al di là  della auto-qualificazione provvedimentale operata dall’UTC non vincolante per il giudice (ex multis T.A.R. Campania Napoli sez I, 6 febbraio 2006, n.1623) la determinazione impugnata, in relazione all’effettivo contenuto e alla reale “causa” costituisce nient’altro che una surrettizia forma di elusione delle garanzie sostanziali e procedimentali proprie dell’attività  di autotutela con funzione di riesame, ineludibili anche nella materia edilizia (T.A.R. Puglia Bari sez III 14 febbraio 2007, n.443) in presenza di interventi formalmente seppur illegittimamente assentiti. Sul punto anche volendo aderire, per mera ipotesi, all’infondata tesi comunale della nullità , il provvedimento dichiarativo degli effetti dovrebbe ugualmente tener debitamente conto degli affidamenti ingenerati da provvedimenti pur nulli, i quali hanno comunque modificato la realtà  fattuale e giuridica, in ossequio al generale e fondamentale principio di derivazione comunitaria di tutela dell’affidamento.
Sono pertanto fondate le censure di violazione e falsa applicazione degli artt 1, 21-septies, 21-nonies l.241/90 e s.m., nonchè di eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Come noto, a seguito dell’entrata in vigore dell’art 21-nonies l.241/90 per effetto della novella l.15/2005, di recepimento di diffuso orientamento giurisprudenziale, l’annullamento d’ufficio presuppone una congrua motivazione sull’interesse pubblico attuale e concreto posto a sostegno dell’esercizio discrezionale dei poteri di autotutela, con adeguata ponderazione comparativa, che tenga anche conto dell’interesse dei destinatari dell’atto al mantenimento delle posizioni che su di esso si sono consolidate e del conseguente affidamento derivante dal comportamento seguito (ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8529, id. sez IV, 27 novembre 2010, n.8291).
L’art 21-nonies nel prevedere il limite temporale del “termine ragionevole” ha dato vita ad un parametro indeterminato ed elastico – a differenza di altre fattispecie tipiche di annullamento codificate da norme speciali quali l’art 1 c. 136 l. 311/2004 – finendo così per lasciare all’interprete il compito di individuarlo in concreto, in considerazione del grado di complessità  degli interessi coinvolti e del relativo consolidamento, secondo il parametro costituzionale (art.3 Cost.) di ragionevolezza (T.A.R. Bari sez III 11 novembre 2011, n.1704).
E’ del tutto evidente nella fattispecie per cui è causa come l’UTC, nel falso presupposto della nullità  del titolo abilitativo 13/1983, abbia omesso di effettuare qualsivoglia ponderazione comparativa dell’interesse pubblico al ripristino della legalità  con quello privato al mantenimento di situazioni oramai consolidate per il trascorso di 27 anni.
D’altronde a prescindere da tale assorbente profilo, di per sè sufficiente per l’accoglimento del gravame, non emerge dagli atti depositati in giudizio neppure il carattere abusivo del fabbricato adibito a deposito insistente sul foglio 20 particella 2201 (ex 1417), che si traduce poi nella carenza dello stesso presupposto di cui all’art 21-nonies l.241/90 del ripristino della legalità  violata.
Mette conto evidenziare che il vincolo a strada pubblica risultante dal PRG adottato con deliberazione del 22 marzo 1985 (e approvato con deliberazione GR 4426 del 29 dicembre 1998) risulta allo stato ampiamente decaduto ex art 9 c.2 t.u. espropriazioni (d.p.r. 327/2001) e non reiterato dal Comune resistente, con conseguente impossibilità  di ritenere per tal motivo l’abusività  del manufatto pertinenziale.
Quanto poi alla data di realizzazione del manufatto, non ne ritiene il Collegio comprovata la costruzione dopo l’entrata in vigore della l.765/67. Sul punto è vero che dichiarazioni sostitutive depositate dai ricorrenti risultano prive di valore probatorio, potendo soltanto costituire indizi idonei a scalfire l’attività  istruttoria dell’Amministrazione in presenza di ulteriori elementi precisi e concordanti(ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 27 maggio 2010, n. 3378) . E’altrettanto vero però come il Comune, prima di procedere alla riforma in autotutela, non abbia verificato in via istruttoria con ragionevole certezza la data di realizzazione del manufatto pertinenziale, già  risultante nel 1983 in stato di obiettiva fatiscenza, nonostante le puntuali osservazioni presentate in sede procedimentale dai ricorrenti, a nulla rilevando la mancata numerazione civica e il tardivo accatastamento
Per i suesposti motivi i motivi aggiunti sono fondati e vanno accolti con l’effetto dell’annullamento della determinazione UTC n. 61 del 7 luglio 2010.
Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’atto di motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune di Casalnuovo Monterotaro alla refusione delle spese processuali in favore dei ricorrenti quantificate in 3.000,00 euro, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Pietro Morea, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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