1. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Vincoli – Condono edilizio ex L. 326/2003 – Applicazione –  Presupposti e limiti
2. Leggi decreti e regolamenti – Legge regionale – Condono ex L. 326/2003 – Vincoli – Applicabilità  – Limiti 
3. Tutela dei beni culturali e del paesaggio – Vincoli – Condono edilizio ex L. 326/2003 –  Sanatoria –  Applicazione – L. 47/1985 –  Presupposti e limiti
4. Tutela dei beni culturali  del paesaggio – Vincoli – Condono ambientale – Effetti
5. Processo amministrativo – Giudizio impugnatorio  – Sezioni staccate – Ripartizione delle controversie – Erroneità  – Rilevabilità  su eccezione di parte – Necessità 

1. L’art. 32, comma 27, lett. d), della L. n. 326/2003 esclude dal condono le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e della falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), subordinando, peraltro, l’esclusione a due condizioni (che possono operare anche disgiuntamente) costituite: a) dal fatto che il vincolo sia stato istituto prima dell’esecuzione delle opere abusive; b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità  del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.


2. L’art. 2, comma 1, della L.R. Puglia  23 dicembre 2003, n. 28  nell’attuare la legge statale n. 326/2003, permette la sanatoria di tutti gli abusi ma, comunque, nei limiti sanciti dal comma 27 dell’art. 32 della legge n. 326/2003, che, con specifico riferimento alle aree vincolate, esclude la sanatoria qualora il vincolo sia stato istituto prima dell’esecuzione delle opere abusive ovvero in ipotesi di opere non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.


3. La legge n. 326/2003, pur collocandosi sull’impianto generale della legge n. 47/1985, ha previsto una disciplina più restrittiva in ordine alle fattispecie caratterizzate da vincoli paesaggistico/ambientali con riferimento ai quali ha precluso la sanatoria sulla base della anteriorità  del vincolo rispetto alla consumazione dell’abuso edilizio, senza possibilità  di acquisire il parere dell’autorità  ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria ex art. 33 l. n.47/85.


4. La sanatoria prevista dall’art. 37 della legge n. 308/2004 (c.d. “condono ambientale”) comporta la sottrazione del fatto alla disciplina penale ed a quella amministrativa attinenti alla tutela paesistica, ma lascia ferma la sanzionabilità  del fatto sotto il profilo amministrativo.


5. Secondo la disciplina vigente al momento dell’instaurazione del giudizio ex art. 32 commi 2 e 4 l. 6 dicembre 1971 n. 1034 e sotto detto profilo rimasta immutata anche nell’art. 47 comma 2 del vigente c.p.a.  – in mancanza dell’eccezione di parte avente ad oggetto l’erroneo incardinamento della controversia presso il TAR del capoluogo piuttosto che presso quello della sezione staccata, la causa rimane incardinata presso il TAR adìto.

N. 00733/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00756/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 756 del 2008, proposto da: 
Maria Pezzuto, rappresentato e difeso dall’avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco in Bari, via Pasquale Fiore, 14; 

contro
Comune di Lecce in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. Maria Luisa De Salvo, con domicilio eletto presso Vito Aurelio Pappalepore in Bari, via Pizzoli, 8; 

per l’annullamento
“- del provvedimento prot. n. 42115 del 28.3.2008 a firma del Dirigente p.t. del Settore urbanistico – Ufficio condono edilizio del Comune di Lecce;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.”
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Lecce in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2014 il dott. Sergio Conti e udito per la ricorrente l’avv. Emma Chicco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 22.5.2008 e depositato il 28.5.2008 Pezzuto Maria impugna il provvedimento del Comune di Lecce in data 28.3.2008, con cui è stata rigettata la domanda di condono edilizio ex art. 32 del D.L. 30.9.2003 n. 269 conv. in L. 24.11.2003 n. 326 da essa presentata per la definizione dell’illecito edilizio consistente nella “realizzazione -sine titulo- di: un fabbricato strutturato su piano terra e piano primo, costituito da una civile abitazione sita a Lecce, in località  Casalabate – Via Lungomare Nord n. 147, e distinto in catasto al fg. 4, p.lla 577;”.
Il provvedimento di diniego si regge sulle considerazioni che: “Il regime giuridico del nuovo condono edilizio introdotto dalla legge 326/03, delinea un ambito di condonabilità  ben più restrittivo rispetto alla disciplina delle precedenti leggi (47/85 e 724/94), soprattutto per quanto concerne le opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo” e che “in queste zone le sole opere suscettibili di sanatoria sono quelli ricadenti nelle tipologie 4, 5 e 6 vale a dire opere di restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e opere non valutabili in termini di superficie e di volume”
La ricorrente deduce:
1) Violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione del combinato disposto degli artt. 32, comma 27, lett. D, del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito dalla L. 24 novembre 2003, n.326, e 1, commi 37 e 39, della L. 15 dicembre 2004 n. 308. Eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto.
2) Violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt.32 e 33 della L. 28 febbraio 1985 n. 47 e 32, commi 27, lett. D, del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito dalla L. 24 novembre 2003, n. 236, nonchè dell’art. 167 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. Eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Lecce, il quale – omesso di rilevare l’incompetenza della sede centrale rispetto alla competente sezione distaccata del Tar, ai sensi dell’allora vigente articolo 32 u.c. L. n. 1034/1971 – ha contestato la sussistenza degli esposti vizi, rilevando la legittimità  dell’opposto diniego di condono.
In vista della fissata pubblica udienza del 12 dicembre 2012, la ricorrente ha chiesto il rinvio della stessa, evidenziando la necessità  di attendere la definizione della (nuova) domanda di condono presentata in data 7 dicembre 2012 al comune di Squinzano, alla cui circoscrizione l’ambito territoriale della Marina di Casalabate è stata ricondotto con decreto del Presidente della Giunta regionale n.388 del 15 maggio 2012.
In data 25 maggio 2013 la ricorrente ha depositato una ulteriore istanza di rinvio dell’udienza fissata per il 20 giugno 2013.
Con ordinanza collegiale n. 1203 del 25.7.2013 la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico del Comune di Squinzano (<<RILEVATO che il citato Comune, con la suddetta nota prot. n. 8684 del 15 maggio 2013, ha rappresentato che l’istanza della ricorrente era “pervenuta a questo ufficio con prot. 1386 del 23.01.2013¦” era “stata acquisita al Comune di Squinzano in data 04.02.2013 in forza della Legge Regionale n° 30 del 28/11/2011 e che attualmente è in attesa di assegnazione ai Tecnici Incaricati per la relativa istruttoria”; RITENUTO che, ai fini della valutazione dell’attualità  dell’interesse della ricorrente alla definizione dell’odierno gravame, occorre acquisire l’istanza che parte ricorrente assume essere stata acquisita al protocollo del Comune di Squinzano in data 7 dicembre 2012, con la quale la Sig.ra Pezzuto ha chiesto al predetto Ente locale il riesame della domanda di condono proposta innanzi al Comune di Lecce e copia dell’attestazione del Dirigente dell’ Area tecnica del medesimo Comune del 30 novembre 2012, non allegate da parte ricorrente alla prima istanza di rinvio, nonchè l’istanza della ricorrente pervenuta al Settore Tecnico – Servizio Urbanistico del Comune di Squinzano, con prot. 1386 del 23.01.2013, la sua acquisizione al Comune stesso in data 4 febbraio 2013 in forza della Legge Regionale n° 30 del 28/11/2011, come risultante dalla nota prot. n. 8684 del 15 maggio 2013 del suddetto Comune, depositata in giudizio da parte ricorrente in allegato alla seconda istanza di rinvio;>>) assegnando il termine di 90 giorni per l’adempimento con rinvio ad udienza fissa.
Il Comune non ha ottemperato all’ordinanza istruttoria.
Alla pubblica udienza del 4.6.2014 il legale della ricorrente ha chiesto il passaggio in decisione.
Va preliminarmente rilevato che la mancata risposta da parte del Comune di Squinzano alla richiesta istruttoria, determina la necessità  di decidere il ricorso. Invero, si tratta di gravame proposto nel 2008 e per il quale si è già  concesso un rinvio e disposta una ulteriore protrazione istruttoria inutiliter data. Del resto – in assensa di una nuova determinazione del Comune di Squinzano – è palese l’interesse della ricorrente alla decisione del presente gravame.
Il ricorso non risulta fondato.
Infatti, l’assunto svolto dalla parte ricorrente – secondo la quale la norma andrebbe letta in modo più elastico consentendo l’ottenimento del condono ove ottenuta una attestazione della compatibilità  dell’intervento ex art. 1 L. 308/04 – non può essere condiviso alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. IV 6.12.2013 n.5826 e 28.11.2013 n. 5701) circa l’interpretazione dell’art. 32, comma 27, lett. d) del D.L. n. 269/2003, convertito nella legge n.326/03.
Il Supremo Consesso amministrativo ha, infatti, affermato che detta norma vieta la sanatoria di abusi su immobili realizzati in assenza di titolo edilizio in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, specificando che si tratta di norma di stretta interpretazione, in quanto espressione di un principio generale sui limiti della sanatoria, che prevede ipotesi tassative delle tipologie di opere insuscettibili di sanatoria e che non si presta ad alcuna valutazione discrezionale (v. Corte cost. sent. n.225/2012) e che gli abusi non sanabili sono quelli realizzati su aree vincolate anteriormente alla realizzazione dell’opera, in assenza o in difformità  dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni urbanistiche.
In ordine alle argomentazioni elegantemente elaborate della difesa della ricorrente valgono le considerazioni svolte, in relazione ad una fattispecie analoga, dal Consiglio di Stato (Sez. IV sentenza 28.11.2013 n. 5701).
In detta pronuncia sono state affrontate quattro tematiche sostanziali: la corretta applicazione dell’art. 32 della legge n. 326/2003; la rilevanza della legislazione regionale pugliese intervenuta in materia, ed in particolare degli artt 2, comma 1, della legge n.28/2003 e 4 della legge n.19/2004; l’applicabilità , ai fini della sanatoria, dell’art. 37 della legge n. 308/2004 (il c.d. “condono ambientale”); la possibilità  di fare applicazione degli artt. 167 e 182 del d.leg.vo n.42/2004.
Il Consiglio ha al riguardo rilevato quanto segue:
<< 2.1.- Quanto alla prima questione, che costituisce il punto centrale della controversia, la Sezione ha già  avuto modo di affermare che “l’art. 32, comma 27, lett. d), l. n. 269 del 2003 è previsione normativa che esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e della falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonchè dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali) “, subordinando peraltro l’esclusione a due condizioni costituite:
a) dal fatto che il vincolo sia stato istituto prima dell’esecuzione delle opere abusive;
b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità  del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” (Cons. di Stato, sez.IV, n. 3174/2010). La Sezione ha anche chiarito che le due condizioni sono previste e possono operare disgiuntamente, determinando la sanatoria dell’abuso in zona soggetta a vincolo relativo, quale quello paesaggistico; ma nel caso in esame si osserva che il Comune (nel provvedimento impugnato) ha opposto la carenza di entrambe le condizioni e che entrambe in effetti non si ravvisano, la prima perchè è incontestata la preesistenza del vincolo, la seconda perchè non sono emersi elementi sulla conformità  delle opere alle norme urbanistiche. In sintonia, contro la sanabilità  delle opere si registrano inoltre i seguenti orientamenti giurisprudenziali:
– “l’art. 32, comma 27, lett. D) del D.L. 269/2003 (convertito in L. 326/2003), il quale, comunque, esclude dalla sanatoria le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli istituiti anche prima dell’esecuzione delle opere ma che non siano conformi alle norme urbanistiche ed alle disposizioni prescritte dagli strumenti urbanistici” (Cons. di Stato, sez. IV, n. 4396/2007);
– “l’art. 32 L. n. 47/1985, quale risulta dalle modificazioni contenute nell’art. 32 comma 43 D.L. n. 269/2003, per le opere costruite su aree sottoposte a vincolo, al comma 3 prevede che, ove non si verifichino le condizioni di cui al comma 2 si applicano le disposizioni di cui all’art. 33 della stessa legge, prevedendo, tale ultima disposizione, fra le opere non suscettibili di sanatoria, quelle in contrasto con i vincoli imposti da leggi statali e regionali, nonchè dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, qualora questi comportino inedificabilità  e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse” (Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 4020/2009).
L’applicazione dei cennati limiti specifici alla sanatoria introdotta dalla normativa citata palesa quindi l’infondatezza della tesi appellante (riassunta al punto a.4 dell’atto d’appello) per cui le opere in argomento avrebbero potuto beneficiare di sanatoria per effetto dell’art.26 della legge n. 326/2003, rientrando nei numeri da 1 a 3,nonchè 4, 5 e 6 nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo, di cui all’articolo 32 della legge citata.
2.2.- Nè a conclusione favorevole può pervenirsi esaminando le censure formulate alla stregua della legislazione regionale pugliese. L’art.2, comma 1, della legge n.28/2003 (come modificato dell’art. 4 della legge n. 19/2004) nell’attuare la legge statale n. 326/2003, permette la sanatoria di tutti gli abusi ma con riferimento all’osservanza del requisito generale dell’art. 31 comma 2 della legge n.47/1985, vale a dire della ultimazione delle opere nel termine di legge, che però non è “ex se” sufficiente a configurare la possibilità  giuridica del condono, non consentendo quindi il superamento dei rilevati limiti imposti dal comma 27 dell’art. 32 della legge n. 326/2003. Al riguardo, pertanto, si palesa altresì inconferente il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n.196/2004 che ha aperto alla legislazione regionale la possibilità  di introdurre il condono con riferimento a tutte le tipologie d’abuso. Ciò infatti non elide in alcun modo la portata dei limiti imposti per gli abusi nelle zone vincolate, sicchè in tal senso si rivela corretta anche l’affermazione del TAR per cui la legislazione regionale non si è affatto discostata dalle previsioni nazionali.
– Nè la sanatoria è conseguibile, come si afferma nel motivo di cui al punto a7, in applicazione del meccanismo di cui all’art. 32 della legge n. 47/1985 che preclude la sanatoria di opere realizzate su aree sottoposte vincoli di carattere paesaggistico solo in caso di parere negativo dell’autorità  preposta alla tutela del vincolo stesso. La legge n. 326/2003, infatti, pur collocandosi sull’impianto generale della legge n. 47, norma (col cennato art. 27) in maniera più restrittiva le fattispecie di cui si tratta, poichè con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici) preclude la sanatoria sulla base della anteriorità  del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell’autorità  ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria (ex art. 33 l. n.47/85).
– Per la medesima ragione non rilevano i richiamati:
– parere favorevole rilasciato in data 23.01.06 dall’autorità  preposta al vincolo, stante la carenza della sua previsione da parte del comma 27 dell’art. 32 della legge n.326/2003, le cui disposizioni precludono che il medesimo possa assumere valenza giuridica ai fini della sanatoria e tanto meno natura “vincolante”;
– riferimento al comma 43, dell’art.32 della legge n. 326/2003 che, secondo l’appellante, avrebbe introdotto una generale sanabilità  nelle aree vincolate sia pure previo parere dell’autorità  preposta al vincolo.
2.3.- L’appello è infondato anche ove sostiene l’applicabilità , ai fini della sanatoria, dell’art. 37 della legge n. 308/2004 (il c.d. “condono ambientale”); ed invero anche qui il Collegio condivide la tesi accolta dal giudice di prima istanza per cui detto istituto ” comporta dunque la sottrazione del fatto alla disciplina penale ed a quella amministrativa attinenti alla tutela paesistica” lasciando ferma però “la sanzionabilità  del fatto sotto il profilo amministrativo…”. Conseguentemente detta normativa è del tutto inidonea a configurare le sostenute estinzione della sanzionabilità  amministrativa dell’abuso edilizio, necessità  di parere sulla compatibilità  paesaggistica dell’abuso ed espressa motivazione sul punto del provvedimento che esita la domanda.
2.4- Analogo esito negativo va riservato alla possibilità  di fare applicazione degli artt. 167 e 182 del d.leg.vo n.42/2004, risultando del tutto irrilevanti ai fini della repressione amministrativa degli abusi classificati di tipologia 1, dall’allegato I della legge n. 326/2003.
2.5.- Non sussiste infine alcuno dei denunciati profili di eccesso di potere, ivi compreso il sostenuto difetto di motivazione; si tratta infatti di vizi ravvisabili solo in presenza di atti discrezionali, mentre, alla luce delle disposizioni di legge il contestato diniego di sanatoria riveste natura di atto vincolato, unitamente alla demolizione che ne deriva.>>.
Conclusivamente il gravame va rigettato siccome infondato, ma sussistono giusti motivi per disporre la compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Sergio Conti, Presidente, Estensore
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario
 
 
 
 

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn
Share on whatsapp
WhatsApp

Tag

Ultimi aggiornamenti

Galleria