1. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Presupposti –  Fattispecie
2. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Responsabilità  della p.A. – Aquiliana – Onere della prova 
3. Risarcimento del danno – Liquidazione del danno – Equitativa – CTU – Onere della prova – Fattispecie
4. Risarcimento del danno – Danno da ritardo – Liquidazione del danno – Equitativa – Criterio applicabile – Fattispecie

1. Nonostante l’esistenza di orientamento giurisprudenziale difforme, in conformità  ad una pluralità  di pronunce succedutesi nel tempo, è da ritenersi risarcibile il danno da ritardo configurabile nell’ipotesi di ritardata conclusione del procedimento e di mancato rispetto di tempi certi sia se il bene preteso dal privato risulti a valle dovuto sia nel caso in cui venga successivamente negato, in quanto l’incertezza sull’esito del procedimento, protratta oltre i limiti previsti dalla legge per la sua conclusione, impedisce o rende più complessa la predisposizione di programmi o di scelte diverse e alternative. (Nel caso di specie, è stata ritenuto sussistente il danno da ritardo in considerazione della protratta inerzia del Comune in merito all’approvazione di un piano di lottizzazione anche in considerazione delle ricadute economiche privatistiche dipendenti dall’attività  amministrativa).


2. Ai fini della quantificazione del danno da ritardo, grava sul danneggiato l’onere della prova in ordine alla qualificazione della responsabilità , in ossequio al principio all’atipicità  dell’illecito civile di cui all’art. 2043 c.c.; conseguentemente, il danneggiato deve provare ex art. 2697 c.c. in modo tassativo la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della domanda, con riferimento sia ai presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale) sia a quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante).


3. à‰ ammissibile la liquidazione in via equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 c.c., solo nelle ipotesi in cui il soggetto onerato adempia all’obbligo di allegare e provare circostanze di fatto precise, non potendo essere invocata una consulenza di ufficio diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato. (Nel caso di specie, non è stata disposta la c.t.u. per l’ontologica incertezza dei criteri di quantificazione e di stima della particolare tipologia di danno derivante dal ritardo nell’approvazione del Piano di Lottizzazione, implicante valutazioni complesse e arbitrarie di tipo aziendalistico da coniugare con giudizi controfattuali sull’ipotetico andamento del mercato immobiliare nel contesto territoriale e nel torno di tempo in cui il piano avrebbe dovuto esser approvato).


4. La disposizione introdotta dall’art. 28 del D.L. 69/2013, conv. nella L. 98/2013, al comma 1 bis dell’art. 2 bis della L. 241/1990 – con cui è stato sancito il diritto dell’interessato ad ottenere un indennizzo a fronte del mero ritardo (il cui importo deve essere poi detratto dal risarcimento) – sebbene non applicabile ratione temporis, costituisce spunto quantificatorio di massima del danno da ritardo da liquidarsi in via equitativa. (Nel caso di specie, è stato rilevato che, pur essendosi la complessa fattispecie di danno da ritardo verificatasi in epoca anteriore all’introduzione del comma 1 bis dell’art. 2 bis della L. 241/1990, il quantum del danno risarcibile possa essere determinato in via equitativa utilizzando il criterio ivi indicato).

N. 00917/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01513/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1513 del 2007, proposto da: 
Guadagno Biagio, in qualità  di procuratore generale di Gazzillo Francesca, nonchè della “Edilizia Biagio Guadagno & C. S.n.c.”, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Bruno, con domicilio eletto, in Bari, presso l’avv. Alberto Bagnoli, via Dante, n. 25;

contro
Comune di Andria, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe De Candia e Giuseppe Di Bari, con domicilio eletto c/o avv. Alberto Bagnoli, in Bari, via Dante, n. 25; 

per il risarcimento
dei danni collegati al ritardo nell’approvazione del piano di lottizzazione afferente la maglia C1/2 dello strumento urbanistico generale del Comune di Andria;
 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2014 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta;
Uditi per le parti i difensori avv.ti Francesco Bruno e Giuseppe De Candia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO e DIRITTO
Con ricorso pervenuto in Segreteria in data 31.10.2007, Guadagno Biagio, in qualità  di procuratore generale di Gazzillo Francesca, nonchè di socio amministratore e legale rappresentante della “Edilizia Biagio Guadagno & C. S.n.c.”, chiedeva al Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe l’accertamento del diritto al risarcimento del danno ingiusto in conseguenza del ritardo determinatosi nell’approvazione del piano di lottizzazione, presentato da Gazzillo Francesca al Comune di Andria in data 30.3.2000.
In conseguenza del detto accertamento, il ricorrente chiedeva la condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento della complessiva somma di euro 1.247.164,22, nonchè al risarcimento degli ulteriori danni patiti e patendi, oltre interessi e danno da svalutazione monetaria, dalla domanda fino al soddisfo, vinte le spese di lite.
Premetteva il ricorrente che la propria rappresentata, Gazzillo Francesca, era proprietaria di un suolo edificatorio posto in abitato di Andria, tra le via Accetta, R. Nuzzi e strada di P.R.G., ricompreso nella maglia C1/2 Zone residenziali del P.R.G. di Andria.
In data 30.3.2000, la Gazzillo, unitamente ad altri proprietari di suoli ricompresi nella medesima maglia urbanistica, presentava al Comune di Andria una proposta di Piano di Lottizzazione (P.U. n. 34/Urb.), recante la previsione, nella parte di suo specifico interesse, della realizzazione di 15.873 mc. fuori terra, oltre gli interrati, per un totale di 9 fabbricati ad uso residenziale.
In data 15.5.2000, Gazzillo Francesca stipulava con la “Edilizia Biagio Guadagno & C. S.n.c.” un contratto di associazione in partecipazione, al fine di stabilire una compartecipazione della proprietà  agli utili scaturenti in favore dell’impresa dallo sfruttamento edificatorio dei detti suoli, oggetto del Piano di Lottizzazione, per un importo complessivo pari al 35% di quanto effettivamente conseguito dalla associante.
In pari data veniva altresì stipulato un contratto di compravendita fra le medesime parti sopra ricordate, avente ad oggetto alcune unità  immobiliari a costruirsi nell’ambito del medesimo Piano di Lottizzazione.
Malgrado la previsione di cui all’art. 22 della L. 30 aprile 1999, n. 136, secondo cui il Piano di Lottizzazione avrebbe dovuto essere approvato dal Consiglio Comunale entro il termine di 90 gg. dalla data di presentazione dell’istanza, l’accidentato iter amministrativo in concreto seguito dal detto procedimento conduceva alla sua approvazione da parte di un Commissario ad acta a distanza di 59 mesi dalla presentazione dell’istanza.
Nel ricorso veniva analiticamente descritto il percorso procedimentale sviluppatosi nel caso concreto, snodatosi, stante l’inerzia del Comune, fra la nomina di un Commissario ad acta con l’avvio della istruttoria presso i competenti Uffici solo in data 31.7.2002, fino alla proposta di deliberazione di adozione del Piano di Lottizzazione in data 10.4.2003; il ricorrente si soffermava altresì sull’attività  della V Commissione consiliare e del Consiglio comunale di Andria, dipanatasi fra il 10.4.2003 ed il 6.11.2003, fino alla nomina di un nuovo Commissario ad acta ex art. 22, comma 5, L. n. 136/1999 ed allo svolgimento di ulteriore attività  amministrativa sostitutiva dell’inerzia comunale, da ultimo giungendo all’adozione (26.5.2004) ed approvazione (24.2.2005) del Piano di Lottizzazione da parte del Commissario nominato.
Al Piano così come approvato si rendevano necessarie, peraltro, successive ulteriori variazioni a seguito di modifiche al Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) approvate dall’Autorità  di Bacino in data 28.4.2006, su richiesta del Comune di Andria.
Lamentava, altresì, il ricorrente la mancata approvazione dello strumento urbanistico esecutivo in variante per l’adeguamento alle disposizioni introdotte con l’integrazione e modifica del P.A.I. rispetto al Piano di Lottizzazione di cui sopra, oggetto della presente controversia.
Il ricorso si diffondeva infine sulla quantificazione dei danni ingiusti arrecati alla posizione del ricorrente a causa del comportamento tenuto dal Comune di Andria, argomentando sulla sussistenza del diritto al relativo risarcimento; veniva, in particolare, presentata apposita perizia quantificativa, redatta su una ampia documentazione di base e recante dettagliati criteri di valutazione estimativa del danno, sia dal punto di vista della perdita subita che del mancato guadagno.
Con atto di costituzione in giudizio pervenuto in Segreteria in data 14.3.2008, si costituiva nel presente procedimento il Comune di Andria, affidando le sue difese ad una articolata memoria conclusionale, depositata a ridosso della prima udienza pubblica di discussione, in data 29.5.2013.
La difesa del Comune di Andria eccepiva preliminarmente ed in rito l’inammissibilità  della domanda per difetto di accertamento dell’illegittimità  del ritardo, in tesi configurata come causa del danno ingiusto risarcibile.
Nel merito, l’Amministrazione resistente argomentava in punto di infondatezza della domanda, evidenziando il difetto degli elementi integranti la fattispecie risarcitoria, dal punto di vista, in particolare, della mancanza, nel caso di specie, di una condotta antigiuridica e di una colpa nella P.A. gerente il procedimento il cui ritardo è stato fatto oggetto di doglianza.
Evidenziava altresì il difetto di prova della illegittimità  del contegno tenuto dalla Amministrazione nel menzionato episodio di vita amministrativa, con la conseguente impossibilità  di provare l’ingiustizia del detto contegno e la effettiva storica sussistenza del presunto danno per come patito e lamentato.
In particolare, la quantificazione del danno così come effettuata dal ricorrente veniva fatta oggetto di espressa contestazione, sul punto rimarcando il concorso colposo del creditore ex art. 1227 c.c. nella concausazione del danno.
Instava, conclusivamente, il Comune di Andria per la declaratoria di inammissibilità  del ricorso e, comunque, per la reiezione dello stesso in quanto infondato e non provato, vinte le spese di lite per l’Amministrazione resistente.
Con memoria pervenuta in Segreteria in data 21 giugno 2013, la difesa del ricorrente prendeva posizione sulle argomentazioni spiegate dal Comune di Andria, replicando punto per punto sia in ordine alla eccezione sollevata ai fini di una declaratoria di inammissibilità  in rito che in ordine ai rilievi sulla infondatezza della domanda nel merito, per come sopra epitomati.
All’udienza in camera di consiglio del 24 luglio 2013, il Collegio disponeva incombenti istruttori a mezzo dell’Ordinanza n. 1457/2013, ponendo i relativi adempimenti a carico del Comune di Andria.
Con nota in data 19 novembre 2013, gli Uffici dell’Amministrazione resistente riscontravano la richiesta per quanto di loro competenza.
All’udienza del 14 maggio 2014, la causa veniva riservata per la decisione.
Preliminarmente ed in rito, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità  della domanda per difetto di accertamento ex ante dell’illegittimità  del ritardo posto a base della richiesta risarcitoria così come spiccata.
Deve anzitutto evidenziarsi, sul punto, che detta eccezione appare rievocare la nota tematica della c.d. “pregiudiziale amministrativa”, ossia della, in passato, assai controversa questione concernente la composizione dell’interesse al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’esercizio – o dal mancato esercizio – del potere pubblico, in uno con la necessità  di accertamento preliminare o meno della illegittimità  dell’atto, del provvedimento e/o del comportamento in concreto posto in essere dalla P.A. nel caso di specie.
Come è noto, tale articolata questione processuale e sostanziale – di per sè assai gravida di conseguenze, lato sensu, istituzionali – ha trovato una composizione compromissoria nel Codice del Processo Amministrativo del 2010, nella articolata struttura dell’art. 30, attributivo di una larga autonomia all’introduzione in giudizio di una azione di danno distinta rispetto al previo riconoscimento dell’illegittimità  dell’atto da cui venisse ritenuto originarsi il lamentato danno.
Tale portato normativo di diritto positivo non è tuttavia dirimente ai fini della delibazione della eccezione sopra ricordata, in quanto, assai più correttamente, occorre fare riferimento all’assetto normativo e giurisprudenziale sussistente nel nostro ordinamento all’epoca dell’introduzione del ricorso (ottobre 2007) ex art. 39, primo comma, c.p.a. e 5 c.p.c., inteso come base normativa del principio “tempus regit actum”.
Ebbene anche in tale torno di tempo l’evoluzione del diritto amministrativo processuale e sostanziale escludeva l’applicazione della logica della c.d. pregiudiziale amministrativa per l’ambito specifico delle controversie che avessero ad oggetto il danno da ritardo.
Poichè, in casi come quelli in cui poteva essere configurata tale ipotesi risarcitoria, risultava mancare per definizione un provvedimento amministrativo astrattamente impugnabile, l’azione risarcitoria veniva ritenuta sfuggire alla vis actractiva del previo annullamento (cfr. così inter alia Cons. Stato, Sez. VI, 18.6.2002, n. 3338).
Da tanto non poteva non conseguire, ieri come oggi, l’autonomia dell’azione di danno da quella di accertamento dell’illegittimità  del comportamento in caso di ritardo della P.A. nella emanazione del provvedimento richiesto dal privato.
In particolare, ai fini del caso di specie oggetto del presente giudizio, non può che derivarne la reiezione della spiegata eccezione di inammissibilità  in rito.
Nel merito, la domanda è fondata e, pertanto, può essere accolta, nei limiti delle precisazioni che seguono.
Occorre preliminarmente un breve inquadramento della tematica del danno da ritardo.
Pur essendo di per sè fattispecie già  da tempo nota alla giurisprudenza amministrativa, è solo con l’articolo 2 bis della L. 241/1990, introdotto, nella sua versione originaria, dall’art. 7 della L. 18 giugno 2009, n. 69, che si è fornito per la prima volta un fondamento normativo di diritto positivo al c.d. danno da ritardo.
Va anzitutto evidenziato, da un punto di vista tassonomico, che alla categoria del danno da ritardo possono essere ricondotte sostanzialmente tre ipotesi: a) l’adozione tardiva di un provvedimento legittimo, ma sfavorevole per il privato interessato; b) l’adozione di un provvedimento favorevole, ma tardivo; c) la mera inerzia, ossia la mancata adozione tout court del provvedimento.
Come è noto, un primo inquadramento organico del problema in parola lo si è avuto con l’Adunanza Plenaria n. 7 del 2005, la quale dopo aver affermato che l’Ordinamento può apprestare vari strumenti per garantire il rispetto dei tempi dell’azione amministrativa, mediante misure di carattere punitivo, disciplinare o indennitario, ha escluso che tra di essi possa trovare posto la tutela risarcitoria in sede giudiziale, in tal modo disattendendo l’ordinanza di remissione che aveva mostrato sul punto significative aperture.
Il danno da ritardo, nella ricostruzione della nota Plenaria, altro non è che la forma con cui si risarcisce la lesione dell’interesse pretensivo, e presuppone pertanto che si accerti – giudizialmente o grazie alla attività  amministrativa successiva – che al privato spettasse a monte il bene della vita richiesto.
Un’apertura verso la tesi della risarcibilità  del danno da ritardo mero (ovvero anche a prescindere dall’accertamento della spettanza del bene della vita finale) era stata effettuata antecedentemente da Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. 15 aprile 2003, n. 1945, ove si era ammesso che la responsabilità  risarcitoria potesse sanzionare anche l’inadempimento di quel generico dovere sorto in relazione al “contatto procedimentale” sorto fra le parti, cosicchè il danno potesse consistere nelle perdite economiche subite in conseguenza della scorrettezza del comportamento tenuto dalla amministrazione, a prescindere dalla spettanza del bene della vita.
In quella pronuncia, tuttavia, si era anche chiarito un punto focale della problematica, ossia che spetta al privato scegliere, nella strutturazione della domanda, come impostare la controversia e decidere in particolare se chiedere, oltre o in alternativa al ristoro del pregiudizio derivante dalla perdita del bene finale, anche i danni derivanti dal comportamento scorretto.
Successivamente, il Consiglio di Stato sez. IV – sentenza 29 gennaio 2008 n. 248 ha ribadito tale principio della necessità  per l’istante di impostare la pretesa risarcitoria in termini di danno da mero ritardo, in aggiunta o in alternativa alla richiesta di risarcimento del mancato conseguimento del bene della vita richiesto.
Poichè tuttavia nel caso di specie oggetto di scrutinio in quella sede ciò non era stato fatto, il Consiglio ha ritenuto di non poter prendere esplicitamente una posizione favorevole all’ammissibilità  del risarcimento del mero ritardo, lasciando tuttavia intendere in itinere che una tale opzione potesse essere percorribile.
In questo quadro è intervenuta la L. 69/2009, con la quale si è introdotto il menzionato art. 2 bis.
A seguito dell’intervento normativo suddetto, la giurisprudenza non sembra tuttavia aver abbandonato una impostazione di tipo essenzialmente restrittivo, sostenendo che la novella abbia soltanto tipizzato la controversa figura del danno da ritardo, senza tuttavia parlare, non a caso, di danno da ritardo mero (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1913).
Nel corso del 2010, tanto il Consiglio di Stato che il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana hanno emesso significative pronunce in un’ottica di apertura nei confronti della risarcibilità  del danno da “mera perdita di tempo”.
Il C.G.A., sez. giurisdizionale, sent. n. 4 novembre 2010 n. 1368, infatti, ha mutato la tradizionale prospettiva incentrata sulla questione della spettanza del bene della vita finale e ha invece affermato che il ritardo imputabile alla P.A. nella conclusione di un qualunque procedimento amministrativo, qualora incidente su interessi pretensivi agganciati a programmi di investimento di cittadini o imprese, è sempre un costo che va risarcito, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. In questa prospettiva ogni incertezza sui tempi di realizzazione di un investimento si traduce nell’aumento del c.d. “rischio amministrativo” e, quindi, in maggiori costi, attesa l’immanente dimensione diacronica di ogni operazione di investimento e di finanziamento.
Sostiene il C.G.A. che i principi di cui all’art. 2 bis della L. n. 241/1990 erano già  viventi nell’ordinamento prima dell’entrata in vigore della relativa disposizione e che il danno da ritardo sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l’esito fosse stato, in tesi, negativo.
Ancora più di recente, richiamando tale precedente, il Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza 28 febbraio 2011 n. 1271, ha affermato che l’art. 2-bis, comma 1, presuppone che anche il tempo sia un bene della vita per il cittadino; in base a tale disposizione, si deve ritenere che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, costituisca sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica.
In detta decisione il Consiglio di Stato ha altresì messo in correlazione ritardo procedimentale e lesione dell’integrità  psichica del cittadino. Il danno biologico è dunque visto come la conseguenza della frustrazione del progetto imprenditoriale del privato, venutosi a scontrarsi con la imperscrutabile inerzia dell’apparato pubblico.
Tali principi sono stati inoltre ribaditi da Consiglio Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739.
Va infine specificamente menzionata, ai fini della presente controversia, la pronuncia del C.G.A., sez. giurisdizionale, Sentenza 24 ottobre 2011, n. 684, il quale, richiamando i propri precedenti secondo cui anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e in base ai quali il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento costituisce sempre un costo, ha riconosciuto il danno da ritardata conclusione del procedimento amministrativo relativo all’approvazione di un piano di lottizzazione convenzionata.
Dalle più recenti pronunce, emerge ancora un quadro giurisprudenziale contrastato.
Il Consiglio di Stato, Sez. III, 31 gennaio 2014, n. 468, ha affermato che l’ art. 2 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241, tutela in sè il bene della vita inerente alla certezza, quanto al fattore tempo, dei rapporti giuridici che vedono come parte la Pubblica amministrazione, stante la ricaduta che il ritardo a provvedere può avere sullo svolgimento di attività  ed iniziative economiche condizionate alla valutazione positiva della stessa, ovvero alla rimozione di limiti di rilievo pubblico al loro espletamento. (v. anche in termini Consiglio di Stato, Sez. IV, 04/09/2013, n. 4452 e Consiglio di Stato sez. V, 21/06/2013, n. 3405).
Nell’ambito degli organi di giustizia amministrativa di primo grado, il T.A.R. Puglia Lecce, Sez. III, 15/01/2014, n. 112, ha affermato che la certezza ed il rispetto dei tempi dell’azione amministrativa costituiscono un autonomo bene della vita sul quale il privato, specie se operatore economico, deve poter fare ragionevole affidamento al fine di autodeterminarsi ed orientare la propria libertà  economica, e, ciò, indipendentemente dall’acquisizione del bene della vita reclamato.
Il ritardo nella conclusione del procedimento e il mancato rispetto dei tempi certi del procedimento vengono pertanto a rappresentare, giuridicamente, un danno ingiusto e, sul piano economico, un costo illegittimo per quanto attiene le prospettive, le aspettative e le scelte del privati, in quanto integranti motivo di forte condizionamento della loro vita, tale da incidere negativamente sulla convenienza economica delle scelte preventivate, sia se il bene preteso dal privato risultasse a valle dovuto sia nel caso in cui lo stesso venga successivamente negato, posto che di per sè l’incertezza sull’esito del procedimento, protratta oltre i limiti previsti dalla legge per la sua conclusione, impedisce o, comunque, rende più complessa la predisposizione di programmi o scelte diverse ed alternative. (v. anche, in particolare, T.A.R. Puglia Bari, Sez. II, 10.9.2013, n. 1318; T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 19.7.2013, n. 1148; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 1.2.2013, n. 390; T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, 28.1.2013, n. 190).
Non mancano tuttavia altre pronunce che continuano ad affermare l’irrisarcibilità  del danno da ritardo mero e la necessità , per poter riconoscere il risarcimento del danno da ritardo, dell’accertamento della spettanza del bene della vita richiesto, ovvero dell’adozione del provvedimento favorevole.
Su queste posizioni si trovano alcuni TT.AA.RR. e anche, in alcuni casi, lo stesso Consiglio di Stato, il quale, in particolare, con la recente sentenza della Sezione IV, 28.5.2013, n. 2899, ha affermato che il giudice amministrativo può riconoscere il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento inoperoso dell’Amministrazione solo quando sia stata accertata la spettanza del c.d. bene della vita, atteggiandosi così il riconoscimento del diritto del ricorrente al bene della vita come presupposto indispensabile per configurare una condanna della stessa al risarcimento del relativo danno (v. inoltre inter alia: Consiglio di Stato, Sez. IV, 7.3.2013, n. 1406; T.A.R. Marche Sez. I, 10.12.2013, n. 895; T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, 18.11.2013, n. 2277; T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 19.07.2013, n. 7386; T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 12.7.2013, n. 3641; T.A.R. Liguria, Sez. I, 2.7.2013, n. 985).
Malgrado, dunque, che in tema di danno da ritardo la giurisprudenza si presenti ancora per molti profili divisa, la giurisprudenza specifica di questo Ufficio risulta aver sposato l’impostazione più liberale, che, in relazione al caso di specie, occorre ribadire e confermare.
Dal punto di vista, infatti, dell’an della responsabilità  risarcitoria oggetto del ricorso che qui impegna, non appare revocabile in dubbio che, nel caso di specie, vi sia stato un danno da ritardo oggettivo, meritevole di riparazione per equivalente.
Anche al netto della oggettiva complessita della fattispecie lottizzatoria oggetto dell’articolato iter amministrativo sottoposto a scrutinio, anche solo le plurime nomine di Commissari ad acta, al fine di far partire e quindi di gestire e concludere il procedimento amministrativo di approvazione del Piano di Lottizzazione di cui al presente ricorso, restituiscono il quadro chiaro di una viscosa inerzia di apparato, il quale ultimo poteva e doveva essere più sollecito, non solo in sè e per sè considerato da un punto di vista della sana organizzazione dei pubblici uffici, ma anche e soprattutto in considerazione delle ricadute economiche privatistiche tutt’altro che secondarie dipendenti dalla sua “attività ” (si ribadisce che, nel caso di specie, dalla conclusione positiva o negativa del procedimento di approvazione del Piano in esame avrebbe potuto determinarsi o meno l’edificazione di oltre 15.000 mc., per un totale di 9 fabbricati ad uso residenziale).
Si consideri, peraltro, che rispetto alla articolata ricostruzione delle plurime fasi procedimentali dell’iter approvativo del Piano di Lottizzazione presentato al Comune di Andria dalla Gazzillo non è intervenuta alcuna specifica contestazione da parte della difesa dell’Amministrazione resistente.
La sola contestazione procedimentale sollevata, relativa alle complessità  procedimentali scaturite dal sopravvenire di un vincolo idrogeologico in una porzione di area compresa nel Piano di Lottizzazione, denominata “Lama di Lagnoni”, risulta essere stata questione successiva alla già  tardiva approvazione del più volte menzionato Piano di Lottizzazione.
Mentre, infatti, quest’ultimo risulta essere stato approvato in data 24.2.2005, l’approvazione definitiva del P.A.I. da parte dell’Autorità  di Bacino risulta essere avvenuta alla successiva data del 30.11.2005.
Peraltro, solo con la deliberazione dell’Autorità  di Bacino della Puglia n. 178 del 28.4.2006, su espressa richiesta del Comune di Andria, è stato integrato il P.A.I. già  approvato con l’inserimento del vincolo idrogeologico sull’area denominata “Lama di Lagnoni”.
Il relativo rilievo di merito svolto dall’Amministrazione resistente, volto a rendere maggiormente giustificabile il ritardo accumulato nel procedimento oggetto del caso di specie, si appalesa essere, pertanto, infondato.
Accertata la spettanza del risarcimento del danno così come richiesto nell’an, plurime problematiche si pongono sul conseguenziale versante della quantificazione degli importi a risarcirsi (quantum).
In particolare, il Consiglio di Stato ha fondato l’onere di prova in capo al soggetto danneggiato sulla qualificazione della responsabilità  per danno da ritardo, in ossequio al principio dell’atipicità  dell’illecito civile, come una fattispecie sui generis, che deve essere ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c.; di conseguenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno, anche dal punto di vista della sua quantificazione, non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell’adozione del provvedimento amministrativo, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare in modo tassativo la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante). (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13.1.2014, n. 63; Cons. Stato, Sez. IV, 7.3.2013, n. 1406; v. anche T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 20.11.2013, n. 2560).
Quanto all’ammissibilità  della liquidazione equitativa del danno, sostiene ad esempio T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 6 agosto 2012 n. 2015 che la risarcibilità  del danno da ritardo è fondata sul presupposto che pure il tempo è un bene della vita per il cittadino e che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, ma rimane ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise, in particolare dal punto di vista della quantificazione del pregiudizio; sicchè, quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie, non potrebbe darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c..
Più di recente, il Consiglio di Stato, Sez. V, 21.6.2013, n. 3405, ha affermato che rispetto ai danni da mancato tempestivo esercizio dell’attività  amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del pregiudizio, specie perchè ha, già  in tesi, natura patrimoniale, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo ope officii, in quanto di per sè costituente surroga rispetto all’onere di allegazione dei fatti; e se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici per fornire la prova dell’esistenza del danno e della sua entità , è comunque ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise e, quando il soggetto onerato di tale allegazione non vi adempie, non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno a norma dell’art. 1226 c.c., perchè tale norma presuppone l’impossibilità  di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito, nè può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato.
In altri casi, più rari, la giurisprudenza ha ammesso il ricorso alla prova equitativa del danno.
In particolare, occorre tenere debito conto di quanto affermato da T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 4 maggio 2012, n. 923, il quale pur non ammettendo la risarcibilità  del danno da ritardo mero, ha tuttavia riconosciuto la liquidazione equitativa del danno ritenendo di particolare difficoltà , per la parte interessata, la prova del nocumento nel suo preciso ammontare, considerata l’indeterminatezza derivante dal fattore tempo, per il quale la situazione sottoposta a scrutinio manifestava ulteriori e ineliminabili margini d’incertezza.
Si veda anche, per una significativa liquidazione “secca” del danno da ritardo per un importo equitativamente determinato di euro 20.000,00, T.A.R. Lazio Latina, Sez. I, 28 novembre 2012, n. 892.
Nel caso di specie, a fronte di una dettagliata e pregevole ricostruzione tecnica dell’importo del danno a risarcirsi ad opera di parte ricorrente, abbiamo l’integrale contestazione della medesima da parte del Comune di Andria, sul punto mettendosi peraltro in larga evidenza la natura pretensiva degli interessi vantati dal Guadagno, il quale legittimamente si poneva e si pone nella posizione di chi certat de lucro captando, più che in quella di chi certat de damno vitando.
Deve, in proposito, evidenziarsi che il Collegio si è interrogato sulla opportunità  di disporre, nel caso di specie, una apposita consulenza tecnica d’ufficio volta al fine di stimare, con crisma di oggettività , il danno patito in concreto da parte del ricorrente.
Si è tuttavia ritenuto, anche in adesione alla giurisprudenza da ultimo citata, che tale strumento istruttorio costituisca, in ultima analisi, una forma di delega in bianco della decisione risarcitoria dal punto di vista del quantum, per la ontologica incertezza dei criteri di quantificazione e di stima di una tipologia di danno, quale quello verificatosi nel caso di specie, che coinvolge valutazioni assai complesse ed arbitrarie di tipo principalmente aziendalistico, da coniugare tuttavia con giudizi controfattuali a svolgersi sull’ipotetico andamento del mercato immobiliare nel contesto andriese del torno di tempo in cui il Piano di Lottizzazione avrebbe dovuto essere approvato, non disgiunte da ulteriori valutazioni tutt’altro che oggettive sulle variazioni del valore venale di beni in diversi periodi temporali.
Anche tali soli elementi, i principali e non certo gli unici da porre a base di una valutazione, per dir così, di latissima discrezionalità  tecnica, non permettono di ritenere che il risultato di una consulenza tecnica d’ufficio espressamente demandata sul punto avrebbe potuto condurre ad un risultato istruttorio di pregio oggettivo talmente consistente da potervi fondare sopra una congrua decisione da un punto di visto tecnico giurisdizionale.
Peraltro, il tema della quantificazione del risarcimento del danno da ritardo mero sopportato dal privato a seguito della violazione dei termini di conclusione del procedimento appare di recente arricchitosi di spunti normativi alla luce della introduzione, da parte dell’art. 28 del d. legge del 21 giugno 2013, n. 69, convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 98, del comma 1 bis all’art. 2 bis della l. 241/1990, il quale espressamente ha sancito il diritto dell’interessato ad ottenere un indennizzo a fronte del mero ritardo. In tal caso, peraltro, le somme corrisposte o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detratte dal risarcimento.
La disciplina di tale indennizzo è stata dettata da apposita direttiva del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione del 9 gennaio 2014, in essa prevedendosi la misura dell’indennizzo (30 euro per ogni giorno di ritardo, nel limite massimo di 2.000 euro), l’ambito di applicazione, circoscritto almeno nella prima fase alle attività  di impresa, e la procedura per conseguirlo.
Sulla base di tale indice positivo, pur nella consapevolezza della non applicabilità  ratione temporis della disciplina da ultimo menzionata al caso di specie, la medesima disciplina può essere utilizzata per fornire uno spunto quantificatorio di massima del danno da ritardo manifestatosi nel caso che qui impegna, danno da liquidarsi, pertanto, in via globalmente equitativa, tenuto conto della irriducibile complessità  del caso di specie.
Tenuto conto di tutti gli indici sinora menzionati ed ad una complessiva valutazione integrale della fattispecie sottoposta a scrutinio, si quantifica il danno da ritardo verificatosi nel caso di specie nella somma di euro 30,00 per diem dal giorno successivo alla scadenza del termine di legge (90 gg.) per la approvazione del Piano di Lottizzazione così come presentato da Gazzillo Francesca al Comune di Andria in data 30.3.2000, al giorno della formale approvazione del medesimo ad opera del nominato Commissario ad acta in data 24.2.2005.
Calendario alla mano, risultano decorsi 1.702 giorni in più di quelli previsti per la durata ordinamentale fisiologica del detto procedimento approvativo.
Moltiplicando i suddetti per il parametro di euro 30,00 per diem sopra enucleato si ottengono complessivi e definitivi euro 51.060,00, oltre rivalutazione ed interessi legali da computarsi a far data dalla domanda introduttiva del presente giudizio, sino al saldo.
In particolare, gli interessi legali pro tempore applicabili dovranno essere computati sulla sorte capitale devalutata a ciascun anno di competenza secondo i noti parametri ISTAT e via via rivalutata anno per anno.
In considerazione della peculiare complessità  della controversia in esame e della evidente distanza fra il chiesto ed il liquidato, le spese di lite potranno essere integralmente compensate, sussistendo all’evidenza, in proposito, i gravi ed eccezionali motivi di legge, supportati, peraltro e non da ultimo, da una condizione decisoria finale di reciproca soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna il Comune di Andria al pagamento della complessiva somma di euro 51.060,00 in favore del ricorrente Guadagno Biagio, oltre rivalutazione ed interessi legali, come da motivazione, a titolo di risarcimento del danno da ritardo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario
Alfredo Giuseppe Allegretta, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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