1. Risarcimento del danno – Danno da attività  provvedimentale della p.A. – Elemento soggettivo – Necessità 
2. Processo amministrativo – Giudizio  di condanna – Quantificazione del danno – Valutazione diligenza del creditore – Comportamento processuale della parte – Rilevanza 
3. Risarcimento del danno – Danno patrimoniale da fatto illecito – Criterio applicabile
4. Risarcimento del danno – Danno non patrimoniale – Onere della prova – Mancato assolvimento – Conseguenze 

1. In tema di risarcimento del danno per fatto illecito, la responsabilità  aquiliana dell’Amministrazione non può trovare fondamento, sic et simpliciter, nel compimento di un atto illegittimo ma richiede la riferibilità  del danno ad una condotta dolosa o colposa della stessa p.A..


2. In tema di risarcimento del danno, la scelta del ricorrente di chiedere, in sede di discussione dell’istanza cautelare, l’abbinamento della stesa al merito, incide sulla determinazione del danno risarcibile – relativamente ai danni occorsi durante l’intervallo di tempo necessario per la decisione del merito – in base a quanto disposto dall’art. 1227 c.c.e dall’art. 30 comma 3 c.p.a. (nella specie, il G.A., nella determinazione in via equitativa del risarcimento del danno dovuto al ricorrente ha ritenuto di applicare una riduzione, ai sensi dell’art. 1227 c.c. per il periodo intercorrente tra la camera di consiglio fissata per la discussione dell’istanza cautelare e l’udienza di discussione,  ritenendo che i danni subiti in tale arco temporale dal ricorrente avrebbero potuto essere evitati con la concessione di idonea misura cautelare).


3. Il G.A., chiamato a definire l’obbligazione di risarcimento del danno da fatto illecito, deve preliminarmente reintegrare il danneggiato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non fosse stato prodotto e, quindi, provvedere alla rivalutazione del credito secondo i valori correnti alla data della liquidazione giudiziale; in secondo luogo, calcolare il c.d. danno da ritardo, utilizzando il metodo consistente nell’attribuzione degli interessi c.d. compensativi, calcolati dalla data del fatto, non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensì sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria.


4. Nel processo amministrativo grava sul ricorrente l’onere di fornire la prova del danno lamentato; pertanto, va respinta la domanda risarcitoria (nella specie, per danno non patrimoniale), della parte che non abbia assolto in alcun modo al relativo onere probatorio.

N. 00289/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00263/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 263 del 2014, proposto da: 
Cosimo Maria Piazzolla, rappresentato e difeso dall’avv. Rossella Piazzolla, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Puglia in Bari, P.za Massari, 6; 

contro
Azienda Sanitaria Locale di Barletta Andria Trani, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Filippo Panizzolo, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, Via M. Celentano, 27; 

per il risarcimento dei danni
derivanti dall’atto di diffida prot. n. 057207 emesso dall’A.S.L. BT – Dipartimento di Prevenzione Servizio Igiene e Sanità  Pubblica in data 30.08.2012 e notificato il 30.08.2012: “1) a eliminare ogni e qualsiasi dicitura riportante autorizzazioni ricevute da questo Ufficio; 2) a non emettere certificazioni di idoneità  all’attività  sportiva agonistica senza il possesso degli speciali requisiti ed autorizzazioni previste dalla vigente normativa; 3) a revocare tutte le certificazioni impropriamente rilasciate”;
 

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale di Barletta Andria Trani;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’Udienza Pubblica del giorno 17 dicembre 2014 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori avv. Rossella Piazzolla e avv. Filippo Panizzolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO
Il sig. Piazzola, medico specialista in Radiologia e dirigente medico presso la relativa Unità  Operativa del Presidio Ospedaliero di BAT, conseguiva in data 16.3.2012 il titolo di specialista in medicina dello sport, in virtù del quale, a seguito di nulla osta rilasciato dall’ASL BAT in data 22.5.2012 per lo svolgimento di attività  di medicina dello sport nei locali siti in Barletta, ha intrapreso l’esercizio di suddetta attività , rilasciando conseguentemente certificati medici di idoneità  all’attività  sportiva agonistica.
In data 30.8.2012, tuttavia il ricorrente veniva diffidato dalla medesima ASL a non rilasciare tali certificati senza il possesso degli specifici requisiti e delle autorizzazioni previsti dalla normativa.
Tale diffida veniva tempestivamente impugnata innanzi a questa Sezione, che con Sentenza n. 880 del 29.5.2013, in accoglimento del ricorso, ha parzialmente annullato l’atto di diffida nella parte in cui inibiva al ricorrente il rilascio dei certificati, facendo salvi gli effetti del provvedimento gravato nella parte relativa all’eliminazione di ogni dicitura riportante autorizzazioni rilasciate dall’ufficio.
Con l’odierno ricorso, la parte agisce pertanto per ottenere la condanna della ASL al risarcimento dei danni subiti a seguito della diffida, poi parzialmente annullata in sede giurisdizionale, quantificandoli in 250.000,00 euro a titolo di danno patrimoniale e 300.000,00 euro a titolo di danno non patrimoniale.
Per resistere al gravame si è costituta l’ASL BAT, eccependo l’insussistenza nella specie dei presupposti per la responsabilità  aquiliana e chiedendo di conseguenza il rigetto delle domande azionate.
Alla Pubblica Udienza del 17.12.2014, per la quale le parti hanno prodotto memorie, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati.
La Sentenza n. 880/2013 ha invero ritenuto sussistenti le condizioni abilitanti il ricorrente al rilascio della certificazione di idoneità  all’attività  sportiva agonistica, in considerazione del quadro normativo allora vigente che, in assenza e nelle more di un intervento del legislatore regionale, doveva ritenersi essere esclusivamente quello nazionale.
Pertanto, al momento dell’adozione dell’atto di diffida, trovava applicazione il combinato disposto degli art.5, ultimo comma del D.L. n. 663/79 e art.2, DM Sanità  18.2.1982, ai sensi del quale i controlli sanitari in questione possono essere effettuati anche da medici della Federazione medico-sportiva italiana (FMSI), specialisti in medicina dello sport autorizzati a svolgere l’attività  certificatoria in quanto operanti in locali adeguati.
Tali condizioni, come già  riconosciuto nella succitata pronuncia, ricorrevano pertanto nella fattispecie controversa, essendo il ricorrente un medico, col titolo di specialista in medicina dello sport, socio della FMSI dal 16.1.2009 che esercita la propria attività  nei locali siti in Barletta in relazione ai quali l’ASL ha rilasciato il relativo nulla osta, ex art. 5, co.3, L.R. 8/04.
Nè vale sostenere in contrario la sua mancata iscrizione negli elenchi regionali identificativi dei soggetti abilitati, avendo la Regione Puglia attuato la relativa previsione, contenuta nella circolare ministeriale del 18.3.1996, solo in epoca successiva, con la L.R. n. 18/13 ed il regolamento n. 7/2014 di istituzione dei suddetti elenchi, ove il ricorrente si è quindi prontamente iscritto per tutte le discipline sportive.
Non può dunque dubitarsi del fatto che il ricorrente ben potesse rilasciare le certificazioni in questione.
Il fatto illecito è quindi dato dall’illegittima diffida emessa nei suoi confronti e la conseguente illegittima interruzione della relativa attività .
L’elemento estrinseco dell’illegittimità  degli atti, tuttavia, non è di per sè solo sufficiente a determinare l’imputabilità  all’Amministrazione della responsabilità  per le conseguenze dannose della propria azione.
Va premesso infatti sul punto che, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente condiviso da questo Collegio, la responsabilità  aquiliana dell’Amministrazione e, di conseguenza, la risarcibilità  del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo, richiede la riferibilità  del danno ad una condotta dolosa o colposa dell’Amministrazione, non essendo invocabile il principio secondo cui la colpa sarebbe in re ipsa nell’adozione di un provvedimento illegittimo.
Sul punto, la difesa dell’ASL eccepisce la scusabilità  dell’errore che escluderebbe l’elemento soggettivo della colpa, sostenendo la non chiarezza e univocità  della normativa applicabile e il contributo determinante della Regione Puglia che ha sollecitato il rispetto delle prescrizioni in materia, secondo un’esegesi (non corretta) data dalla stessa e seguita fino ad allora.
L’argomentazione non è però condivisibile.
Se è pur vero che la colpa deve essere accertata tenendo conto anche dell’univocità  o meno del dato normativo, nel caso di specie va rilevato che l’assenza in materia di una legislazione regionale rendeva chiaramente applicabile quella nazionale – non potendo ammettersi un vuoto normativo – la quale, come sopra detto e prima ancora affermato nella Sentenza n. 880, riconosce la possibilità  di certificare l’idoneità  sportiva anche ai medici della FMSI operanti in locali idonei, come il ricorrente, e che inoltre la delibera di Giunta Regionale n. 2234 /1986, che tale possibilità  aveva invece escluso, non era comunque in grado di disciplinare la materia in via derogatoria rispetto alla vigente disciplina nazionale, per le ragioni già  indicate in sentenza.
Nella specie, va ravvisato dunque anche l’elemento soggettivo della colpa.
Con riguardo infine al nesso causale tra il fatto illecito e il danno subito, il Collegio rileva che, come evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione, il ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare nel giudizio di annullamento avverso la diffida, evitando così che il giudice potesse sospendere gli effetti del provvedimento monitorio nelle more della definizione della causa.
Tuttavia, da tale circostanza non può giungersi alle conclusioni di parte resistente, che sostengono sul punto l’interruzione del nesso causale.
Essa andrà  invece tenuta in considerazione nella determinazione del danno risarcibile, ai sensi dell’art.1227 c.c. e art. 30, co.3, c.p.a.
Nella specie, la strategia processuale della parte che, chiedendo l’abbinamento al merito, ha comportato solo un rinvio di quattro mesi per la definizione della causa, incide semmai sul quantum dovuto, relativamente ai danni occorsi durante l’intervallo di tempo necessario per la decisione del merito.
Alla luce di quanto sopra detto, il Collegio ritiene pertanto accertata la responsabilità  della ASL, ricorrendo tutti i presupposti per la fattispecie ex art. 2043 c.c.
Dal che deriva quindi la fondatezza della domanda risarcitoria.
In merito al quantum del danno risarcibile, va tuttavia osservato quanto segue.
La parte, che indica un ammontare di 250.000,00 euro a titolo di danno patrimoniale e 300.000,00 a titolo non patrimoniale, ha fornito alcune fatture emesse dallo stesso nel periodo successivo all’annullamento della diffida, indicando inoltre dati numerici e percentuali relativi ai soggetti praticanti attività  sportiva nell’intera Regione Puglia e ai medici – asseritamente solo tre, tra cui il ricorrente – operanti nella provincia BAT autorizzati al rilascio delle certificazioni in questione.
Va osservato però che le fatture prodotte attengono a prestazioni diverse, spesso cumulative ed emesse nei confronti di associazioni sportive senza che sia indicato o ricavabile il numero di certificati rilasciati; anche il dato fornito di una media di 500 certificati mensili, rilasciati da un centro di medicina dello sport non può considerarsi pertinente alla presente controversia, trattandosi di una struttura diversa da quella gestita dal ricorrente, con un numero di prestazioni erogate presumibilmente maggiore.
Pertanto, il Collegio, ritenuto comunque fornito un principio di prova in merito al danno patrimoniale, ritiene di determinarne l’ammontare in via equitativa ai sensi dell’art.1226 c.c., liquidandolo nella misura di 25.000,00 euro, ottenuta calcolando una media di 100 certificati al mese ad un costo di 50,00 euro l’uno, per un periodo di 5 mesi di sospensione dell’attività , dovendosi invero ridurre ai sensi dell’art.1227 c.c. l’ammontare del danno per il periodo intercorrente dal 17.1.2013, data della Camera di Consiglio, fino al 16.5.2013, data della trattazione del merito – invero, i danni subiti in tale arco temporale potevano ragionevolmente essere evitati con la concessione di idonea misura cautelare.
La somma sopra determinata andrà  infine annualmente assoggettata agli accessori previsti per le obbligazioni di valore (rivalutazione e interessi) dalla data dell’illecito – 30.8.2012 – fino all’effettivo soddisfo.
Il giudice amministrativo infatti, chiamato a definire l’obbligazione di risarcimento del danno da fatto illecito, deve effettuare una duplice operazione: innanzitutto reintegrare il danneggiato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non fosse stato prodotto e, quindi, provvedere alla rivalutazione del credito, cioè alla trasformazione dell’importo del credito originario in valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale; in secondo luogo, calcolare il c.d. danno da ritardo, utilizzando il metodo consistente nell’attribuzione degli interessi c.d. compensativi, calcolati dalla data del fatto, non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensì sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria (Cons. Stato, Sezione V, 3220/2014).
In ultimo, va invece respinta la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali non avendo il ricorrente fornito alcuna prova in proposito.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, condanna l’ASL BAT a pagare la somma di 25.000,00 euro in favore del ricorrente a titolo di risarcimento del danno patrimoniale subito, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria da calcolarsi dal 30.8.2012, fino al soddisfo.
Condanna altresì l’ASL BAT alla rifusione delle spese processuali in favore del ricorrente che liquida in euro 1500,00, oltre accessori di legge e rimborso CU.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità  amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del giorno 17 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
 
 
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario, Estensore
 
 
 
 

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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